La Chitarra Di Pete Townshend

 

L’altra notte ho trovato in cantina la chitarra di Pete Townshend. Sono certo che è sua perché vi era appiccato un adesivo degli Who e, per quanto mi riguarda, mio padre gli Who non li ha mai ascoltati. E la chitarra non l’ha mai suonata. Ha picchiato fino a qualche tempo fa la batteria in un gruppo che una  volta, l’8 Luglio del 1985, ha aperto il concerto ai Nomadi. Poi nel 1994 sono arrivato io e lui ha smesso. Io avrei continuato: ai figli piacciono i genitori musicisti.

Nel mio paese sono il solo ad ascoltare un certo tipo di musica e  mi chiamo John.

Sto al Liceo, primo anno e delle ragazze mi importa una sega. Le mie coetanee se la fanno solamente con i coglioni del quarto e del quinto anno e quelle del secondo non la danno di certo a me. Ed io, che in tutta sincerità nemmeno so come è fatta, manco la voglio vedere da queste troie. Ho la chitarra di Pete Townshend, capirai cosa me ne può fregare del pelo di quelle troie.

Questo è il pelo che mi eccita: il mi cantino tirato come mia madre quando esce con le amiche e il la che distorto vibra quanto il mio spirito irrequieto e adolescenziale.

Mi piace essere adolescente, ho i miei problemi ma me li tengo stretti, gioisco nell’averli e me li godo. Solo ieri guardavo i Goonies e già domani avrò la prima ruga. Cazzo, ora è il momento migliore.

Dunque, vediamo un po’. Nella mia cameretta ho il poster dei Nirvana perché Kurt Cobain è morto il giorno in cui sono nato io e in passato ho scaricato tutti i loro album più il DIVX dell’Unplugged registrato per MTV. Ho uno stereo vecchio di papà, un Panasonic tutto silver e squadrato che pare uscito da un dipinto di Piet Mondrian. Naturalmente io non l’ho mai acceso se non per collegarci la chitarra con la quale ho sfondato le casse. Ho chiesto più volte un amplificatore a mia madre. Non ha mai voluto comprarmelo. Cosa posso farci se quelle casse non hanno retto il suono Rock And Roll della chitarra di Pete Townshend.

 

- Giovannino, Giovannino, il pranzo è pronto, scendi.

- Giovannino il cazzo, io mi chiamo John!

- Si, certo, John, scendi che la pasta si fredda.

 

Quanto è stronza mia madre? Almeno quanto un disco di giastintimberleik.

Devo dunque scendere a mangiare. Non prima però di aver provato questa mia nuova invenzione.

Dunque, vediamo un po’. Lo stereo è acceso, il jack della chitarra è collegato e l’IPod con gli auricolari anche. Posso partire. Ah ah ah, nessuno mi sentirà. Inizio con? Con quale cazzo di canzone inizio? Fammi provare. Insomma, va be’, proviamo Stairway… si, si, funziona, la sento! Che suono! Mamma mia questa chitarra mi fa stare proprio bene. Ora si che la potrò suonare tutti i giorni, nei miei auricolari non rompe le palle a nessuno ed è giusto così, è solo mia. Vediamo con qualcosa di più Rock. Black Dog? No. Ecco, My Gene, si. Grandi Who, a te Pete.

 

- People try to put us d-down, talkin' 'bout my generation.

Canto.

- OoooohooooO.

E ora chi cazzo è questo qui?

- Che cazzo vuoi?

Gli dico.

- OoooohooooO, bello, io sono Pete.

- Ma dai, Pete è ancora vivo.

- Perché tu di solito parli con i morti a ora di Pranzo?

- Ma pete è inglese e io sono italiano.

- E ti fai chiamare John?

- Cazzi miei. Cosa vuoi?

Gli urlo.

- Sono venuto a riprendere la mia chitarra.

- Questa era di papà.

- Era di papà. In principio era mia e ora ritorna a me. E poi il tuo papà è morto.

- Cazzo c’entra questo? Quando uno muore le sue cose cambiano di  proprietà, non ho capito?

- Ma qui in Italia state sempre con questi “cazzi” in bocca?

- Ma io sto qui, suono per i cazzi miei…

- Di nuovo.

- Si, suono per i cazzacci miei, tu vieni a rompermi le palle e parli pure di mio padre. Ma vaffanculo.

 

La prossima volta ascolterò mia madre e quando lei mi chiamerà per mangiare io mi precipiterò.

 

- Ascolta Giovannino, scusa, John, io ho regalato questa chitarra a tuo padre tanti anni fa quando lui suonava negli Who e ora mi servirebbe nuovamente.

- Mio padre negli Who? Ma sei rincoglionito?

- Tuo padre ha fondato gli Who. È stato tanti anni fa, in una notte…

- Si, in una notte buia e tempestosa. Pete Townshend dei mie stivali, esci dalla stanza e fammi finire la canzone.

- No! Cazzo, ora lo dico io: cazzo! Fammi finire di parlare altrimenti questa chitarra te la spacco in faccia e tu sai che queste cose le ho inventate io.

- Eh, Woodstock 1969.

- Allora, tuo padre ha fondato gli Who nel 1964 e ha suonato nella band fino al 1968. Poi ci ha lasciato per ritornare in Italia… oh, John, ma Wikipedia la sai usare?

- Io la musica l’ascolto e la suono, il resto mi frega…

- Un cazzo?

- No, una sega.

- Comunque, che tu ci creda o no, a me lo strumento serve nuovamente perché dobbiamo ritornare in studio e solo una cosa può salvare la reunion: il suono di questa chitarra.

- Porterai anche me?

- Non è possibile. Ne ho parlato con gli altri del gruppo e mi hanno detto che non è possibile.

- Non so se fidarmi, però parli bene.

- D’altronde non sono venuto a mani vuote. Ecco, ti ho portato tutti i nostri dischi e una telecaster che ho suonato tanti anni fa e per molto tempo.

- Ma è rovinata.

- Appunto.

- Però a me dispiace separarmi da questa chitarra. L’ho appena trovata.

- John, promesso: te la riporterò a registrazione finita.

 

Ho fatto l’ultimo riff, ho chiuso gli occhi e li ho riaperti.

 

- Ok, dai, prendi Pete.

- E ricorda: il Rock And Roll non è morto.

- Voi siete il Rock.

- E non è morto…

 

Vedo Pete allontanarsi e non mi chiedo da dove sia entrato.

 

- Giovannino, insomma scendi!

- Subito, mamma.

 

Dunque, vediamo un po’. Oggi ho fatto una grande invenzione, ho conosciuto Pete Townshend e ho imparato che il Rock non è morto… papà! Papà non è morto. Oh yea.

 

giordano criscuolo

i romanzi

la trilogia

le copertine

sputi

merchandising

rassegna

press kit

contatti

 

home

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

se sei registrato/a su Facebook 

clicca su "Mi piace" per essere aggiornato/a su tutte le novità e 

ricevere i racconti inediti di 

giordano criscuolo